Quanto segue è la traduzione di una piccola parte del libro di Beneito riportato in calce; nello specifico si tratta dell’elenco dei Nomi divini che compaiono in una sezione (Hadrat al-hadarât al-jâmi‘a li-l-asmâ’ al-husnà) del capitolo 558 delle Conquiste o Rivelazioni meccane (FUTÛHÂT MAKKIYYA) di Ibn ‘Arabî.
Nel seguito i Nomi vengono considerati come presenze divine (hadarât) e questo elenco è forse il più esteso dopo l’enorme “Commentario” di Ibn Barrajân di Siviglia – di cui si auspica al più presto una traduzione. Per onestà intellettuale, l’elenco che seguirà, è quello che presenta la maggiore diversità di prospettive ed interpretazioni originali.[1]
Nel corso del volume Beneito lo definisce Šarh e può essere sostanzialmente considerato un commentario ai nomi dalla prospettiva del tahaqquq – realizzazione.
L’estrema complessità del discorso che ruota attorno alla Scienza dei Nomi è tale da sconsigliare per la sua lunghezza ed in questo contesto, uno studio oppure una postfazione che segua questa traduzione.
La resa in italiano dei termini arabi ha favorito una maggiore leggibilità degli stessi a discapito certamente di una maggiore scientificità, del resto questa traduzione non è rivolta ad un pubblico esclusivamente specialistico e questa considerazione ha indubbiamente influenzato la suesposta scelta in tema di traslitterazione.
Per questa imprecisione scientifica si chiede scusa.
Traduzione[2]
Nel Nome di Allâh, l’Onnicomprensivo, il Misericordioso
1. Lui è Allâh – sia lodato ed esaltato – per quanto si riferisce alla Sua Ipseità (huwiyya) e alla Sua Essenza (dhât).[3]
2. al-Rahmân, l’Onnicompassionevole, [a causa] dell’universalità della Sua grazia (rahma) [presente per ogni dove] che comprende tutte le cose.
3. al-Rahîm, il Misericordioso, in virtù del fatto che Si impegna in favore dei Suoi servi contriti [119b].
4. al-Rabb, il Signore, per i beni che ha esistenziato per la Sua creazione (khalq).
5. al-Malik, il Re, con riferimento alla Sua sovranità sui cieli e sulla terra, in tanto che Padrone (malîk) e Signore (rabb) di tutte le cose.
6. al-Quddûs, il Santissimo, per la Sua Parola: “E non hanno considerato Allâh nel Suo vero valore” (Cor. 39:67), [4] e per la Sua trascendenza (tanzîh) rispetto a tutto quanto Gli si attribuisce.
7. al-Salâm, la Pace, la Salute, a causa della Sua incolumità [di fronte] a tutto ciò che si riferisca a Lui e di [fronte a] quanto sia esecrabile che i Suoi servi [però] Gli attribuiscono.
8. al-Mu’min, il Fedele, la Salvaguardia, con relazione a ciò che i Suoi servi dichiarano [essere] degno di fede [oppure, perché è veridico con i Suoi servi] e per la salvaguardia (amân) che accorda [agli stessi servi] quando [essi] adempiono al Suo patto primordiale (‘ahl).
9. al-Muhaymin, il Vigilatore, il Difensore dei Suoi servi nella totalità degli stati in cui s’incontrano, sia che siano [stati] favorevoli oppure avversi [cioè, sia che tali stati siano a loro favore o contro di essi].[5]
10. al-‘Azîz, il Poderoso, il Trionfatore, per la Sua vittoria su chi cerca di vincerlo o di confrontarsi con Lui, dato che è invincibile ed imbattibile, e per l’impossibilità di opporsi a Lui, [data l’elevata altezza] della sua santità.
11. al-Jabbâr, il Dominatore, Colui-che-costringe, per il fatto che costringe i Suoi servi tanto nei loro necessari obblighi come [nel riconoscimento] del suo libero arbitrio, posto che essi stanno nel Suo pugno.
12. al-Mutakabbir, l’Altero, per ciò che occorre alle anime deboli come risultato della Sua discesa (nuzûl) in esse, quando [Lui] discende occultando le sue sottili bontà a chi pretende di approssimarsi a Lui attraverso la definizione e la quantità, ricorrendo a referenze particolari come palmo (šibr), cubito, braccio, premura (harwala), deferenza, contentezza, ammirazione, riso e cose simili a queste.[6]
13. al-Khâliq, il Creatore, [a causa della] pre-determinazione (taqdîr)[7] e [a causa dell’] esistenziazione (îjâd) di quanto esiste.
14. al-Bâri’, il Produttore, per gli “esseri elementari”[8] che ha esistenziato a partire dagli elementi.
15. al-Musawwir, il Modellatore, il Formatore, l’Artefice, per le forme che [solleva] dalla Polvere primordiale (habâ’) e per le forme della teofania (tajallî) che rivela [negli/agli] occhi di chi [viene sollevato] prima di tali forme della teofania [9] e che attribuisce a Se stesso, sia se le conoscano sia se le ignorino, sia se siano comprensibili sia se siano non-comprensibili.
16.1. al-Gaffâr, il Velatore, per quelli, tra i Suoi servi, che protegge e vela [attraverso una cortina che li copre].
16.2. al-Gâfir, il Dispensatore, perché a Lui si riferisce [quanto a prontezza] (yasîr) [disponibile] [“facilità affabile”] [120a].
16.3. al-Gafûr, il Perdonatore, Colui-che-copre tramite i veli (sutûr) che lascia cadere, tanto per mezzo degli esseri composti generati (akwân) come di quelli non generati (gayr akwân).[10]
17. al-Qahhâr, l’Oppressore, il Dominatore, di chi per ignoranza disputa con Lui e non si pente [di averlo fatto].
18. al-Wahhâb, il Magnanimo, Colui-che-da, per i doni con cui graziosamente ha favorito i Suoi servi per [sostenerli], non come remunerazione e neppure con il fine di essere ringraziato o ricordato per questo.
19. al-Karîm, il Generoso, colui che concede ai Suoi servi ciò che Gli hanno domandato.
20. al-Jawâd, Colui-che-provvede, colui che da prima [ancora di aver ricevuto una richiesta] di qualcosa già chiesto, affinché Gli rendano grazie, di modo che – come retribuzione al suo ringraziamento – aumenti la provvista, e Lo ricordino, di modo che li retribuisca per [averLo ricordato] rammentandosi di essi.
21. al-Sakhî, l’Esecutore, il Pagatore, perché accordi ad ogni cosa la sua creazione (khalq) e [la] compia con giustizia (haqq).
22. al-Razzâq, il Fornitore, il Sostentatore, tramite le provviste ed il sostentamento che [risponde] a quanti richiedono alimento, siano essi minerali, vegetali, animali od esseri umani, indipendentemente da quale sia la loro condizione, sia che siano credenti oppure non-credenti.
23. al-Fattâh, il Rivelatore, Colui-che-apre, perché apre le porte delle benedizioni, del castigo e della pena.
24.1. al-‘Alîm,[11] il Sapientissimo, l’Onnisciente, per l’abbondanza delle Sue conoscenze [ovverosia per l’abbondanza delle cose sapute da Lui].
24.2. al-‘Âlim, il Conoscitore, il Sapiente della Sua propria Unità essenziale (ahadiyya).
24.3. al-‘Allâm, l’Onnisapiente, l’Onnisciente, il Conoscitore dell’occulto (al-gayb),[12] il quale è un vincolo specifico privativo (ta‘alluq khâss) di questo nome. Il regno invisibile dell’occulto è infinito, mentre il regno del manifesto (šahâda) è finito, dato che l’esistenza (wujûd), secondo il parere di alcuni pensatori speculativi, è la causa della [prova della presenza] (šuhûd) e della visione (ru’ya). Sia come sia, il mondo della testimonianza (šahâda) [presenta] un carattere particolare (khusûs). Così chi postula che la causa della visione (mar’î) sia la pre-disposizione (isti‘dâd) del visibile [ossia] l’oggetto della visione (mar’î), abbia [bene] in mente che non si può contemplare (mašhûd) senza la Realtà divina (al-Haqq) i possibili esistenziati e anche quelli che non sono stati esistenziali [ancora], e [distingua dall’]impossibile (muhâl) che, in tanto che conoscenza omessa non manifestata, non entra nel dominio della visione e della testimonianza.
25. al-Qâbid, la Cintura, Colui-che-percepisce, così chiamato per il detenersi le cose nel Suo pugno (qabda) secondo la Sua Parola: “... e la terra tutta intera sarà il Suo pugno nel Giorno della Resurrezione” (Cor., 39:67),[13] e perché “l’elemosina (sadaqa) va alla mano del Compassionevole (yad al-Rahmân) prima di trovare la mano del mendicante”, di modo che Colui-che-percepisce la raccoglie.
26. al-Bâsit, il Fornitore, il Magnificente, per quanto provvede al sostentamento – la cui provvista non comporta iniquità –, che è la risaputa quantità pre-determinata (qadr ma‘lûm),[14] posto che Lui – sia Esaltato – prende e trattiene di essa [120b] ciò che vuole, per quello che implica di prova e di stimolo (ibtilâ) e per il beneficio (maslaha) implicito di tale trattenuta [ossia per il beneficio nei confronti di chi essa è applicata], e provvede di essa ciò che vuole, per quello che tale provvista contiene di prova e di utilità.
27. al-Râfi‘, l’Esaltatore, perché sta nella Sua mano – sia Esaltato – la Bilancia, la cui misura (qist) giusta alza e fa scendere: l’Esaltatore eleva per accordare sovranità, esalta ed arricchisce chi Lui vuole.
28. al-Khâfid, l’Umiliatore, il Degradatore, perché destituisce e separa la sovranità[15] da chi vuole, abbatte chi vuole ed impoverisce chi vuole; nella Sua mano sta il Bene (khayr) – che è la Bilancia – ed attentamente soddisfa i diritti dei meritevoli, ciò in questa circostanza non deriva dal procedere operativo del dono gratuito (mu‘âmalatal-imtinân), bensì dal compimento e dal pagamento del debito (istîfâ’ al-huqûq), che è un aspetto parziale della grazia generale (imtinân), il cui conseguimento è più universale.
29-30. al-Mu‘izz al-Mudhill, Colui che nobilita e Colui che avvilisce, Colui che onora e Colui che umilia, posto che nobilita il Suo servo con l’obbedienza (tâ‘a) a Lui e lo avvilisce con l’opposizione (mukhâlafa) a Lui. In questo mondo (dunyâ) onora con la ricchezza che da a colui a cui la da, [onora] con quello che di certezza (yaqîn) accorda ai Suoi servi e con l’autorità (ri’âsa), il governo (wilâya) e la capacità di disposizione (tahakkum) con il quale favorisce i suoi servi nel cosmo (‘âlam) nell’esecuzione della parola e del potere. E si chiama al-Mudhill per il fatto che umilia i tiranni oppressori ed i superbi e perché umilia nella vita terrena alcuni dei credenti (mu’minûn) per onorarli nell’Ultima Vita (âkhira) e [viene detto al-Mudhill perché] abbassa anche quelli che, per la loro fede ed obbedienza, rende eredi della modestia e dell’umiltà (dhilla) in questo mondo.[16]
31. al-Samî‘, Colui che ode, l’Onniudente, che ascolta le suppliche dei Suoi servi quando Lo invocano e pregano per le loro necessità, di modo che necessariamente risponde loro in virtù del Suo nome l’Udente, posto che Lui stesso – sia Esaltato – nel riferirsi all’ascoltare, alluse all’obbligo di rispondere, sanzionando chi, in realtà non ascolta, con queste parole: “Non siate come coloro che dicono: “Abbiamo ascoltato” e non ascoltano” (Cor., 8:21). È [noto] che, nel contesto a cui si riferiscono queste parole, anche se abbiano udito la chiamata di Dio (da‘wat al-Haqq) con le loro orecchie, nonostante tutto, non risponderanno alla convocazione.[17] Così è come il Vero, [sotto il profilo di] Colui-che-vuole, tratta i Suoi servi reciprocamente.[18]
32. al-Basîr, l’Onnivedente, il Colui che vede, è colui che vede tutto quello che concerne i Suoi servi, conformemente a ciò che manifestò quando disse a Mosé e ad Aronne: “Io sto con voi, ascoltando e vedendo” (Cor., 20:46), e prima disse loro: “Non temete!” [121a], dato che la Sua vista (basar) conferisce la salvaguardia (amân) al servo quando lo vede, posto che è questo il significato di al-Basîr, e non solo il fatto che lo contempla e non lo vede più: sia che lo assista o che scompaia, tanto se si cura di lui come se in apparenza [pare] che lo dimentichi e lo abbandoni, Lui sta vedendo il servo nella sua realtà essenziale (haqîqa).
33. al-Hakam, il Giudice, l’Arbitro, per le sentenze con cui dispone e distingue tra i servi nel Giorno della Resurrezione (yawm al-qiyâma), e per quante disposizioni prescritte nella rivelazione (ahkâm mašrû‘a) e per quante confidenze istituite come legge ha rivelato al mondo; tutto ciò è parte del nome al-Hakam.
34. al-‘Adl, il Giusto, l’Equo, perché decide conformemente alla giusta verità (haqq) e per aver stabilito la religione monoteista primordiale (al-milla al-hanîfiyya).[19] [Ciò,] conformemente alla Sua parola: “disse [l’Inviato]: “il mio Signore, decide secondo la giusta verità (haqq)”” (Cor., 21:112), con la quale si schiera [lett: “prende partito per”] con Lui[20] dato che, dall’altro lato, ha stabilito una disposizione con relazione al desiderio passionale (hawà), in virtù della quale chiunque si lasci prendere da questo - [il desiderio passionale] – si svia dal Sentiero di Allâh.
35. al-Latîf, il Sottile, il Buono, il Benevolente con i suoi servi, a cui fa arrivare la guarigione (‘âfiya) quando sono malati tramite dei rimedi che occasionalmente sono sgradevoli. Non c’è niente di più velato, a titolo d’esempio, che il sottile principio curativo contenuto in quei rimedi, che, essendo dolorosi, producono ciò nonostante salute (šifâ’) e sollievo. Non c’è traccia alcuna del suo effetto benefico nel momento di utilizzare il rimedio (dawâ’) dato che, anche se sapessimo che il suo impiego produce la risoluzione [dello stato di malessere], non potremmo sentire, causato dalla sua sottigliezza (latâfa), questo impercettibile principio sanatorio. Questo con relazione all’aspetto della sottigliezza. Dall’altra parte, l’aspetto della Sua benevolenza (lutf) corrisponde alla Sua “occulta presenza effettiva” (sarayân) negli atti di tutti gli esseri esistenti (mawjûdât), alla quale si riferisce la Sua Parola: “Allâh vi ha creato, voi e quanto voi facciate” (Cor., 37:96).[21] Noi, ciò nonostante, non vediamo le opere se non come opere delle stesse creature, anche se sappiamo che in realtà l’autore (‘âmil), l’unico agente che realizza tali opere, è solo Allâh, il quale, se non fosse per la Sua benevolente grazia (lutf), che lo vela per cortesia, potrebbe [palesarsi come Lui e mettere quindi le creature di fronte al fatto compiuto, che esiste solo Lui].
36. al-Jabîr, il Sagace conoscitore, l’Informato, l’Esaminatore, per il fatto che sa dei Suoi servi per esperienza [quando li metta alla prova]. A questa prova “esperienziale” (ikhtibâr) si riferisce la Sua Parola: “Dobbiamo provare affinché noi sappiamo” (Cor., 47:31). In questo modo prova se Gli attribuiamo [il sopraggiungere] del sapere (hudût al-‘ilm) oppure no.[22] Osserva anche quest’altra gentilezza (lutf) divina: per l’analogia tra entrambi le cortesie Allâh ha riunito il nome al-Jabîr al nome al-Latîf, dicendo nel Corano: “il Sottile, l’Informato (al-Latîf al-Jabîr)” (Cor., 6:103).
37. al-Halîm, il Clemente, l’Indulgente, il Mansueto, è colui che concede un termine con indulgenza e mansuetudine (amhala), senza essere distratto o negligente (mâ ahmala) [senza] affrettarsi nel castigare chi opera male per ignoranza, sebbene questo [che ha operato male] abbia capacità per sapere in merito al suo errore [121b] e possa domandare ed osservare per apprendere.
38. al-‘Azîm, l’Incommensurabile, che risiede nei cuori degli gnostici, coloro che Lo conoscono veramente.
39. al-Šakûr, il Riconoscente, il Riconosciuto, per la richiesta (talab) ai Suoi servi affinché incrementino (ziyâda) tra le loro opere, quelle per le quali Lui li apprezzi e si ricordi di loro,[23] permanendo, obbedendoLo, dentro i limiti, i diritti, i mandati e le proibizioni che Lui ha prescritto nella Legge rivelata. Nel dire: “Se siete grati, vi darò più [della Mia grazia]” (Cor., 14:7), stabilisce [un rapporto] di reciprocità con i Suoi servi, per il quale chiede loro, in virtù del Suo nome “il Riconoscente” (al-Šakûr), che si sforzino di realizzare quello per cui Lui li apprezzerà.
40. al-‘Alî, l’Altissimo, l’Eccelso, il Sublime, tanto nella Sua occupazione (ša’n)[24] che nella Sua Essenza, (dhât), rispetto a tutto quanto si relaziona con le caratteristiche (simât) della contingenza (hudût) e gli attributi degli accidenti (muhdatât).
41. al-Kabîr, il Grandissimo, il Magnifico, il Supremo, Superiore agli idoli che gli associazionisti (mušriqûn) abbiano eretto a divinità (âliha). Per questo disse Abramo, l’Intimo (al-Khalîl) di Allâh - nel passo in cui mostra al suo popolo la prova meritevole di fiducia (hujja)[25] – che Allâh, conformemente alla sua veridica affermazione, è colui che realmente aveva sgretolato gli idoli (asnâm), adottati come divinità dagli idolatri fino ad averli fatti a pezzi (judhâdh), [anche se Gli dispiaceva] l’aspirazione dei loro adoratori che, secondo un altro passo, si scusavano dicendo: “No, li adoriamo solo perché ci avvicinano ad Allâh” (Cor., 39:3), con il quale gli stessi associazionisti Gli attribuirono di fatto la supremazia (kubr) – sia Esaltato – sulle divinità. Cosicché Abramo – su lui sia la Pace – disse: “No! Il Superiore (kabîr) a loro è chi lo ha fatto” (Cor., 21:63).[26]
In questo punto c’è una pausa (waqf),[27] e dopo segue dicendo: “Interrogateli con rispetto, se possono parlare”. Se avessero avuto la capacità di parlare, avrebbero riconosciuto la loro condizione di servo manifestando che Allâh è il Grande, l’Altissimo, l’Incommensurabile.
42. al-Hafîz, il Conservatore, il Preservatore, perché è onnicomprensivo e circonda[28] tutte le cose per preservare la loro esistenza, posto che le cose sono suscettibili di essere o non essere.[29] Colui che Egli – sia Esaltato – desidera esistenziare e a chi i Suoi nomi danno esistenza, Lui preserva [l’esistenza], e a chi non vuole che esista e desidera che rimanga nell’inesistenza (‘adam), lo preserva nell’inesistenza, di modo che, in tanto che preserva [l’inesistenza], [egli] non può esistere in modo effettivo, e può succedere che preservi [l’inesistenza] per sempre o anche fino ad una scadenza determinata.
43. al-Muqît, l’Alimentatore, il Determinatore, il Fornitore, per gli alimenti che determina ed assegna in terra e per le cose che ispira (awhà) nel cielo, giacché Egli - sia Esaltato – da [122a] l’alimento (qût) a tutto ciò che è sostentato in conformità alla misura predeterminata.[30]
44. al-Hasîb, il Contabile (1), il Sufficiente (2), perché (1) conta le grazie (ni‘am) che ti accorda per farti vedere il Suo favore e la Sua bontà (minna) con te quando rinneghi questo con ingratitudine [ossia quando “rinneghi il Suo favore”] e, tuttavia per la Sua benevolenza e generosità, non [pone in essere] rappresaglia [alcuna, nei tuoi confronti]; e (2) perché Egli ti basta ed è Sufficiente (kâfî) per te rispetto a tutto. Non c’è altro Dio che Lui, l’Onnisciente, il Giudizioso (al-‘Alî al-Hakîm).
45. al-Jalîl, il Maestoso, perché è inaccessibile e non possono percepirlo né la vista (basar), né la visione interiore (basîra). Lui è elevato in questo senso, ma d’altra parte discende – perché è tra i Suoi servi “dovunque essi siano” (Cor., 58:7) – di modo che corrisponde alla Sua gloria (jalâl). Fino a tal punto questo è certo come l’hadît porta a dire sulla Sua discesa (nuzûl): “Ero malato e non Mi visitaste, ero affamato e non Mi nutriste, avevo sete e non Mi deste da bere”, e si rivela a Se stesso tra i Suoi servi nella [condizione] (manzila) dei Suoi propri servi, ponendosi nella [condizione] dell’infermo, dell’affamato e dell’assetato, il quale corrisponde alla proprietà (hukm) di questo nome divino.
46. al-Raqîb, (1) il Guardiano, il Vigilante, (2) l’Osservatore, il Controllore, (1) per la permanente occupazione che si è imposto a Se stesso di preservare la Sua creazione (khalq),[31] [la qual cosa] non risulta un incarico per Lui in assoluto; e (2) perché fa sapere ai Suoi servi che, dato che Lui li osserva, essi devono avere pudore e timore di Lui, di modo che non li veda [fare] quello che ha vietato loro e non li perda di vista in quello che ha imposto loro.
47. al-Mujîb, Colui che soddisfa, il Compiacente, il Risponditore, è Colui a cui, in virtù della Sua prossimità e del Suo ascolto, si dirige l’invocazione dei Suoi servi, secondo quanto si apprende da ciò che ha comunicato circa Se [stesso] – secondo la Sua Parola: “Quando i Miei servi ti domandano di Me, [dì che] sono vicino e rispondo (ujîbu) alla chiamata di colui che prega quando Mi invoca” (Cor., 2:186)[32] -, nel descriverSi a Se stesso come Parlante (Mutakallim), dato che il “Risponditore” è chi ha la capacità della risposta (ijâba), la quale consiste nell’ascoltare [attentamente] la chiamata (talbiyya).[33]
48. al-Wâsi‘, l’Immenso, il Vasto, l’Onnicomprensivo, Colui che abbraccia, il Liberale che da con abbondanza,[34] per quanto dimostra della Sua grazia (rahma) onnipresente che comprende tutto, la quale è stata creata (makhlûqa), ed in forza della quale ha compassione di tutte le cose e ritira la Sua collera (gadab) dai Suoi servi. Osserva attentamente, giacché c’è un segreto meraviglioso (sirr) contenuto nella Sua Parola: “la Mia grazia (rahma) comprende (wasi‘at) tutte le cose” (Cor. 7:156) e nella Sua Parola: “Tutto [122b] è perituro (hâlik) salvo la Sua Faccia” (Cor. 28:88).[35]
49. al-Hakîm, il Dottissimo, il Sapientissimo, il Prudente, il Giudizioso colui che dispone ed ordina facendo che ogni cosa discenda e si manifesti secondo il suo proprio rango (manzila), situandola nel suo corrispondente grado (martaba). Ha detto – sia Esaltato -: “Colui a cui si da la saggezza (hikma) ha ricevuto molto bene (khayr)” (Cor. 2:269), e ha detto anche riferendosi a Se stesso che nella Sua mano sta il Bene (khayr).[36] Il Profeta – Allâh lo benedica e lo salvi – disse a questo proposito: “Tutto il Bene (khayr) sta interamente nelle Tue mani”, di modo che non resta fuori, [quanto al Bene] nulla di distinto [da quanto non sia già] nelle Sue mani, sebbene “il danno (šarr) non proceda da Te”.[37]
50. al-Wadûd, l’Amoroso, Colui che da amore costantemente, l’Amico affabile che mantiene con costanza il Suo amore per i Suoi servi, senza che i loro errori di obbedienza[38] facciano [breccia] nel precedente amore (mahabba) verso di loro [stessi], dato che tali insubordinazioni non sono sopravvenute loro se non per effetto di una disposizione del Decreto divino (qadâ’) e della predestinazione (qadar sâbq), ma non per produrre l’espulsione (tard) e l’allontanamento della Presenza divina, posto che ha detto: “perché Allâh ti perdoni i tuoi errori precedenti ed ultimi” (Cor. 48:2), di modo che il perdono (magfira) agli amati (muhabbûn)[39] prevalga.
51. al-Majîd, il Nobile, il Glorioso, l’Onorevole, perché a Lui appartiene la nobiltà (šaraf) di tutto quanto si possa qualificare con l’attributo della nobiltà, giacché la nobiltà dell’universo risiede in quello che rimanda ad Allâh, per il fatto che Lui lo creò e lo realizzò, di modo che la sua nobiltà non è propria, non è nobile per se stesso, dato che, in realtà, l’autenticamente Nobile (šarîf) è Colui la cui nobiltà è inerente alla sua propria essenza e solo Allâh è così nobile per Se stesso.
52. al-Bâ‘it, il Resuscitatore, il Liberatore, Colui che invia, in senso universale (‘umûm) o particolare (khusûs). In senso generale (‘umûm), dal momento che “proietta” i possibili dall’inesistenza (‘adam) all’esistenza (wujûd), e questo è un “inviare” (ba‘t) che non considerano se non che coloro che postulano che i possibili (mumkinât) abbiano delle entità immutabili (a‘yân Tubûtiyya), benché chi lo affermi non supponga chiaramente ciò che qui abbiamo indicato; e dato che l’Essere (wujûd) è la medesima entità del Vero (‘ayn al-Haqq),[40] resta chiaro che non (ha “proiettato” le entità dall’inesistenza all’esistenza), questo vuol dire che chi ha inviato i possibili dall’esistenza potenziale a quella effettiva è Allâh stesso, tramite questo nome al-Bâ‘it in special modo. Quindi è, in un senso particolare (khusûs), l’invio da uno stato ad un altro, come nel caso della missione profetica dei messaggeri (ba‘t al-rusul), l’invio dal mondo all’Istmo (barzakh), come a dire, da questo mondo verso il mondo intermedio, tanto nella trance del sogno come nel transito dalla morte, e dall’Istmo verso la Resurrezione (qiyâma). Ogni invio ad un nuovo stato (hâl) o ad un'altra nuova condizione di un’entità (‘ayn)[41] che si da nell’universo, dipende dal nome al-Bâ‘it, che è uno dei nomi più straordinari con cui il Reale (al-Haqq) ha chiamato Se Stesso per [farsi] conoscere dai Suoi servi.
53. al-Šahîd, il Testimone (universale), Colui che testimonia a Se stesso del fatto che non c’è divinità se non Lui e rende testimonianza, in favore dei Suoi servi, [dove risieda] il Bene (khayr) e la Felicità (sa‘âda) per loro, di quanto hanno trasmesso i Suoi inviati intorno all’obbedienza ad Allâh e al Suo Inviato e di quanti nobili tratti di carattere (makârim al-akhlâq) [essi] hanno manifestato. Così vale per il [nome] Testimone, che contro di loro testimonia delle trasgressioni (mukhâlafât), dei disaccordi e dei tratti futili di carattere (safsâf al-akhlâq) in cui sono incorsi, per così far vedere loro la grazia (minna) e la generosità (kara) divine in virtù delle quali le dispensa, coprendo e cancellando i loro errori, di modo che finalmente, nel loro ritorno (ma’âl) insieme a Lui raggiungano la grazia generale (šumûl al-rahma), la cui ampiezza (sa‘a) li ospita, giacché sono parte della totalità delle cose che la divina compassione abbraccia. Queste cose chiamate “trasgressione” (mukhâlafa), Allâh non le fa uscire dall’inesistenza (‘adam) per farle affiorare nell’esistenza (wujûd) se non per il tramite della Sua grazia (rahma), posto che sono create (makhlûqa) dalla grazia (rahma) ed il luogo (mahall) in cui si realizzano è causa (sabab) della loro esistenza, giacché non si manifestano per se stesse se non unicamente per mezzo del trasgressore (mukhâlîf).[42] Posto che sai che sono create dalla grazia e che, come tutte le cose, celebrano la lode[43] del loro Creatore (Khâliq). Come glorificano il loro Creatore, così, sapendo che non hanno luogo per se stessi, chiedono perdono[44] per il luogo (mahall) in cui – affinché l’esistenza delle loro entità (‘ayn) si torni a manifestare – si attualizzano.
54. al-Haqq, la Verità, l’Essere, il Vero, la divina Realtà, il Reale, è il vero Essere (wujûd) “che non è raggiunto dal falso (bâtil)” - che è l’inesistenza (‘adam) - “né tra le Sue mani, né alle spalle (khalf) di Lui” (Cor. 41:42).[45] L’espressione “tra le Sue due mani (min bayna yaday-Hi)”[46] è relazionata con la Sua Parola: “ .. davanti a ciò che ha creato con le Mie due mani” (Cor. 38:75); e l’espressione “alle spalle di Lui (min khalf-Hi)” rimanda al detto dell’Inviato di Allâh – che Lui lo benedica e lo salvi -: “Non c’è dietro ad Allâh (warâ’ Allâh) luogo a cui ambire”, detto in cui letteralmente [si] attribuisce ad Allâh un “dietro” (khalf). Di modo che Lui è Essere reale (wujûd haqq) che non procede dal non-essere (‘adam) ed a cui non succede il non-essere, a differenza della creazione (khalq) che procede dall’inesistenza[47] in una maniera impercettibile, giacché l’Esistenza e l’esistenziazione (îjâd) [non cessano mai] e non c’è nel cosmo nulla di proprio del cosmo, sia in questo mondo oppure nella Dimora Postuma, bensì esistenza (wujûd) e testimonianza (šuhûd)[48] senza fine [123b] od interruzione alcuna, entità (a‘yân) che diventano manifeste e che si contemplano.
55. al-Wakîl, il Procuratore, l’Avvocato, il Valoroso, a cui i Suoi servi confidano la cura dei loro interessi (masâlih): in virtù di questa stessa attenzione (nazar) alle loro necessità, Lui ordina loro che utilizzino [generosamente] (infâq) (ciò di cui dispongono) in proporzione determinata alle loro ricchezze. Dopo che Lo hanno trovato e riconosciuto pienamente come il Valoroso (wakîl), Lui delega loro, affidando loro la cura dei loro interessi; in un senso, i beni (amwâl) Gli appartengono, ma ha incaricato loro – in tanto che vicereggenti – che si occupino di essi; in un altro senso, i beni appartengono ai servi, di modo che sono loro che delegano a Lui la custodia. I beni sono dei servi solo in virtù del beneficio (manfa‘a) che arrecano loro, ma sono di Lui giacché, come tutte le cose, stanno immersi in una glorificazione [oppure “trascendenza”] (tasbîh) permanente in Sua lode.[49] Essendo così, chi giunge a considerare la [trascendenza] (tasbîh), afferma che Allâh non ha creato il cosmo se non affinché [esso, inteso come insieme delle creature e del creato] Lo adori,[50] mentre chi dirige la sua attenzione al profitto (manata‘a) considera che Allâh ha creato solo l’universo perché ogni parte di esso sia utile e [produca beneficio] per l’altro. Il primo beneficio (manafa‘a) reciproco corrisponde all’esistenziazione (îjâd), giacché Allâh ha esistenziato i luoghi (mahâll) di manifestazione affinché possano ricevere il beneficio dell’esistenza [perché gli] esistenti (mawjûdât) non possono esistere in modo effettivo senza un luogo epifanico (mahâll),[51] ed ha esistenziato ciò che non esiste per se stesso affinché con esso si benefici di quello che non può prescindere dall’accadere degli accidenti (hawâdit), né stare libero da essi [“né stare senza gli accidenti”, ossia “ha esistenziato gli accidenti, che sono non-esistenti, affinché, prodotti gli accidenti, si manifestino i Nomi”].[52] Così, giacché l’esistenza di ognuno dei due dipende dall’esistenza dell’altro,[53] [non si può parlare di qualcosa che] implichi un “concatenamento causale reciproco” (dawr), [la qual cosa] renderebbe impossibile il raggiungimento (wuqû‘).
56-57. Al-Qawî al-Matîn, il Forte, il Fermo, è colui che ha la forza (dhu-l-quwwa) per vincere la resistenza (‘izza)[54] di alcuni o di tutti i possibili in generale, [ossia], il fatto che non accettano gli opposti.[55] A questa forza (quwwa) si deve la creazione del Mondo dell’Immaginazione (‘âlam al-khayâl), creato affinché in lui potesse manifestarsi la sintesi dei contrari (al-jam‘bayna-l- addâd), dato che la percezione sensibile (hiss) o l’intelletto (‘aql) non permettono da soli l’unione tra due opposti, mentre l’Immaginazione, invece, non impedisce tale combinazione. Così, l’autorità (sultân) [124a] e la forza del Forte unicamente si percepiscono chiaramente nella creazione della facoltà immaginativa (quwwa mutakhayyila) e del Mondo Imaginale,[56] che è – in quanto a significato (dalâla) – approssimato alla Realtà divina (al-Haqq) poiché il Vero (al-Haqq) “è il Primo e l’Ultimo, il Manifesto e l’Occulto” (Cor. 57:3). Quando domandarono ad Abû Sa‘îd al-Kharrâz: “come hai conosciuto Allâh?”. Rispose: “per il fatto che riunisce gli opposti”. Dopo recitò il verso citato. Se tutto questo non fu detto di un’Unica Entità (‘ayn wâhid), non avrei beneficio alcuno da queste parole, perché di fatto nessuno nega la diversità delle relazioni (nisab). Una stessa persona può avere molteplici relazioni, di modo che sia padre, figlio, zio materno o paterno, o cose simili a queste, ma tale persona continua ad essere la medesima [persona] e non altra [vuol dire che anche essendo padre e al tempo figlio rispetto ad altra persona, egli comunque è sempre la medesima persona]. Nessuno è riuscito veramente a [creare dalla] Forma divina (sûra)[57] salvo l’Immaginazione (khayâl), la qual cosa è un’altra cosa che nessuno può negare, giacché chiunque sia, incontra l’immaginazione in se stesso e la contempla nei suoi segni, vedendo in essa come esistente (mawjûd) quello la cui esistenza è impossibile. “Allâh è il Sostentatore (al-Razzâq), il Forte, (tû-l-quwwa), il Fermo (al-Matîn)”(Cor. 51:58).
58. al-Walî, l’Amico protettore, il Difensore vittorioso, l’Aiutante che assiste (al-Nâsir) chi Lo assiste,[58] poiché il suo vittorioso aiuto (nasr) è remunerazione. Di fatto (quanto ora detto spetta) a chi crede fermamente in Lui attribuendoGli tutta la vittoria sia che lo abbia assistito e salvato.[59] Così, il credente (mu’min) riceve l’aiuto (nasr) di Allâh necessariamente tramite l’obbligatorietà (tarîq al-wujûb),[60] secondo la Sua Parola: “Era dovere (haqq) Nostro aiutare (nasr) i credenti” (Cor. 30:47), similmente all’obbligatorietà della misericordia (wujûb al-rahma) che ugualmente a Se stesso (Egli) Si prescrive nel dire, (Egli) sia Lodato: “Vostro Signore Si è prescritto la misericordia (rahma) .. ” con chi opera il male per ignoranza “ .. ma dopo si pente ed emenda .. ” (Cor. 6:54).
Che relazione intercorre tra questo e l’ampiezza (ittisâ‘) della grazia che abbraccia tutto? L’aiuto (nasr) di Allâh si assimila alla misericordia obbligatoria (rahmat al-wujûb), differenziandosi pertanto dalla misericordia del dono di grazia (rahmat al-imtinân al-wâsi‘a), poiché non abbiamo visto in quanto ci ha rivelato – sia Lodato – alcuna referenza ad un aiuto in-condizionale (nusra mutlaqa). Abbiamo trovato solo delle referenze all’aiuto ristretto (nusra muqayyada), sia per la condizione della fede (îmân) – per la quale aiuta i credenti – sia per la Sua Parola: “Se aiuterete Allâh, Egli vi aiuterà” (Cor. 47:7), in virtù della quale aiuta chi Lo aiutano.
E si ha qui uno dei segreti (sirr) di Allâh – sia Lodato – che si manifesta nel fatto che, talvolta, gli associazionisti escono vittoriosi sui credenti. Medita accuratamente su questo e (ne ricaverai su cui poter meditare) se Dio vuole.
Così, non sopraggiunge l’aiuto fino a che abbiamo fede in Lui, ma quando la fede (îmân) si fortifica in chi la detiene per il fatto che desidera ciò che sia, Lui gli da la vittoria (nasr) su quello più debole di fede, (conformemente a quanto risulta dalla comparazione). Questo che ho detto non rimanda alla Sua Parola: “coloro che credono (yu’minûn) nel falso” (Cor. 29:52), dove chiama credenti (mu’minûn) (anche) gli associazionisti. In qualche caso, relativamente a questo versetto, si verifica con rispetto alla loro fiducia nel falso, che non abbiano fede in ciò per il fatto di essere falso, bensì che abbiano fede solamente in quello per cui credono rispettivamente a quanto crede la Gente della Verità (ahl al-Haqq) con rispetto al Vero (al-Haqq), in virtù del quale attribuì loro in questo versetto la condizione della fede (îmân), e dato che questo corrispondeva di fatto ad altro, distinto da quanto essi avevano come credenza (i‘tiqâd), il Vero la denominò per noi “il falso”, ma non in ragione di quanto essi immaginarono.
59. al-Hamîd, il Lodatore, il Lodato, il Lodabile, perché Lui è colui che loda (hâmid) tramite la lingua (di qualsiasi persona che stia lodando) e tramite Se stesso e (poi) perché Lui è, in ultima istanza, il lodato (mahmûd) in tutto quanto si innalzi, dato che tutta la lode si dirige alla fine a Lui.
60. al-Muhsî, Colui-che-comprende, il Contatore, l’Enumeratore che registra e comprende tutte le cose numerabili, tanto le lettere (hurûf) quanto le entità dell’esistenza, dato che la finitudine (tanâhî) – che comprende il computo (ihsâ’) divino – non corrisponde se non agli esseri esistenziati (mawjûdât), di modo che questa coseità (šay’iyya)[61] delle cose numerabili è la coseità dell’esistenza effettiva (šay’iyya al-wujûd)[62] e, secondo la Sua Parola, “Lui ha il conto esatto di tutte le cose (šay’)” (Cor. 72:28).
61. al-Mubdi’, il Produttore, l’Originatore, l’Iniziatore, è colui che da inizio alla creazione-Uomo (khalq) con l’esistenziazione (îjâd) nel secondo e ultimo grado (rutba) – poiché non v’è un terzo (125a) – che comprende tutto quanto del cosmo si sia manifestato o si manifesti. Il primo grado è quello della divina Realtà, il Vero (al-Haqq), che è il Primo (al-Awwal), di modo che la creazione-Uomo (khalq), in quanto alla sua esistenza, non può giammai stare al primo grado, poiché esclusivamente gli corrisponde l’ultimo grado. Ma la divina Realtà sta con lui – con l’uomo-creazione – nell’ultimo grado, dato che Lui sta con il cosmo (‘âlam) – come a dire con gli uomini “dovunque essi si incontrino” (Cor. 58:7),[63] e visto che Egli Si è chiamato Se stesso, l’Ultimo. Sappilo.
62. al-Mu‘îd, il Ri-creatore, il Restauratore, il Riproduttore dell’entità dell’atto (al-Mu‘îd ‘ayn al-fi‘l), in tanto che Creatore (Khâliq), Agente (Fâ‘il), Dispositore (Jâ‘il) ed Esecutore (‘Âmil), poiché quando Lui termina la creazione di una cosa torna (in realtà) a creare altra creazione (khalq âkhar), dato che non c’è cosa alcuna nel cosmo che si ripeta due volte in maniera identica, poiché le cose sono solamente similitudini (amthâl) contingenti necessariamente rinnovate, esse sono la nuova creazione (khalq jadîd), sono entità (a‘yân) che acquistano esistenza.
63. al-Muhyî, il Vivificatore è colui che vivifica con l’esistenza tutta l’entità immutabile suscettibile di esistenziazione, di modo che il Vero (al-Haqq) la faccia esistere nella sua esistenza.
64. al-Mumît, il Mortificatore, l’Uccisore che da la morte all’entità esistenziata nell’istante seguente, senza che si ecceda il tempo della sua esistenza, poiché la sua separazione (mufâraqa) e il suo transito (intiqâl) sono propri dello stato dell’esistenza al quale corrisponde la morte, di modo che ritorna alla sua condizione di immutabilità (thubût), essendo impossibile che torni ad esistere dopo (essere stata esistenziata) fino a che (essa non si sia estinta), e dovuto alla sua infinitudine (‘adam al-tanâhî) non può estinguersi. Comprendilo.
65. al-Hayy, il Vivo, il Vivente che vive per Se stesso e realizza (tahqîq) ciò che Si attribuisce a Se stesso – l’attributo della Vita -, (la qual cosa) non può attribuirsi se non a colui il quale Egli ha condizionato che sia vivente (hayy).
66. al-Qayyûm, l’Autosussistente, l’Immutabile, il Mantenitore, perché si cura della sussistenza di tutta l’anima (nafs) con quanto le (sia necessario).
67. al-Wâjid, il Perfetto, l’Opulento, il Trovatore, l’Autoesistente, l’Autosufficiente, per quanto cerca e raggiunge, poiché è infallibile e nulla Gli sfugge, né Gli manca, così come, al contrario, chi cerca di conoscerLo non può in realtà raggiungerLo.
68-69. al-Wâhid al-Ahad, l’Uno-Unico, in virtù della Sua Divinità assoluta (ulûha), perché non c’è divinità se non Lui.
70. al-Jamad, il Confortatore, il Supporto universale, il Protettore nella cui protezione si può confidare in tutte le situazioni, per questo Lo abbiamo trovato come Protettore (Wakîl).
71. al-Qâdir, il Libero, il Tutto-potente, il Qualificatore, è colui che infonde il potere determinante (iqtidâr) nei recipienti (qawâbil) nei quali vuole che si manifesti questo potere, esclusivamente.
72. al-Muqtadir, il Potente, l’Onnipotente esecutore, il Determinatore che determina ciò che fanno le nostre mani, dato che la forza esecutoria (iqtidâr) è Sua anche se l’azione (‘amal) si manifesta tramite le nostre mani, poiché la mano (yad) che opera nel cosmo è la mano di Allâh, dato che Suo è in definitiva il potere operativo (iqtidâr), di modo che Lui – sia Lodato – è Libero Qualificatore Tutto-potente (Qadîr) per Se stesso e Onnipotente esecutore (Mutqadir) per noi.
73-74. al-Muqaddim al-Mu’ajjir, l’Approssimatore e l’Allontanatore, l’Anticipatore ed il Rallentantore, che anticipa chi Egli desidera perché lo desidera e ritarda chi Egli vuole con rispetto a quanto Egli desidera.
75-76. al-Awwal al-Âjjir, il Primo e l’Ultimo, il Primo per necessità – in tanto che Essere Necessario pre-eterno – e l’Ultimo perché a Lui ritorna tutto in fine.
77-78. al-Zâhir al-Bâtin, il Manifesto e l’Occulto, l’Esteriore e l’Interiore, che Si manifesta a Se stesso e non cessa di manifestarSi, e dalla sua creazione Si occulta senza mai smettere di occultarSi, di modo che non può essere conosciuto giammai.
79. al-Barr, il Buono, il Benefattore, il Benevolo, per la Sua beneficenza (ihsân), le Sue grazie ed i Suoi favori, con i quali ha abbellito i Suoi servi.
80. al-Tawwâb, il Perdonatore (colui-che-rimette-i-peccati), Colui-che-sempre-ritorna, perché Si volta contro i Suoi servi affinché si pentano e ritorna a loro con la ricompensa per il loro pentimento (tawba).
81. al-Muntaqim, il Vendicatore, il Castigatore, che castiga chi Gli disobbedisce per purificarlo da [quel peccato] in questo mondo applicando i limiti prescritti dalla Legge e le sofferenze che si manifestano nel cosmo (‘âlam), la qual cosa è un’apparente rappresaglia (intiqâm) ed un’occulta grazia (jazâ’ khafî) che non tutti percepiscono, poiché incluso al dolore del lattante v’è una grazia (jazâ’).[64]
82. al-‘Afû, l’Assolvitore, l’Indulgente, Colui-che-cancella la differenza nell’eccellenza (tafâdul) della magnanimità (‘atâ’) in quanto ad abbondanza oppure a scarsità. E, dato che nelle differenti classi di doni ineludibilmente v’è scarsità od abbondanza, è necessario che il dispensare (‘afw) dell’Assolvitore sia estensivo e comprende (sia la scarsità quanto l’abbondanza) perché, come succede nel caso del nome il Maestoso (al-Jalîl), necessariamente include gli opposti (addâd).
83. al-Ra’ûf, il Benevolo, il Pietoso, per l’attitudine di pietosa bontà (salâh) e la crescente pietà in risposta a quella che tra i servi si manifesta, la qual cosa è il reciproco (maqlûb) e costituisce un aspetto della compassione (šafaqa).[65]
84. al-Wâlî, il Governatore, Colui-che-avoca-a-sé che governa per Se stesso tutto quello che amministra. Regge le entità immutabili producendo in loro l’esistenziazione; governa gli esseri esistenziali (mawjûdât) anticipando o ritardando chi Lui desidera; dispone con equità e giustizia, concede e favorisce.
85. al-Muta‘âlî, l’Altissimo, il Sublime, il Supremo, l’Esaltato su chi desidera l’elevazione (‘ulû) sulla terra e pretende quello che non gli corrisponde e sul quale non ha diritto alcuno.
86. al-Muqsit, l’Equo è colui che da in virtù della giusta distribuzione (taqsît), secondo la Sua Parola: “e non lo facciamo discendere se non che con una quantità misurata (qadr ma‘lûm)” (Cor. 15:21) che (è) la distribuzione equa.
87. al-Jâmi‘, il Riunificatore, il Totalizzatore che riunisce nella Sua esistenza (wujûd) tutto l’essere esistente (mawjûd).
88. al-Ganî, il Ricco, l’Indipendente, l’Autosufficiente, che può prescindere dai mondi ed è soddisfatto di loro senza necessità di loro.
89. al-Mugnî, l’Arricchitore è colui che conferisce al servo l’attributo della sufficienza (ginà), facendogli sapere che la Sua scienza del cosmo (‘âlam) è subordinata al suo oggetto. (126b) Così, in questo senso il cosmo non gli da di se stesso cosa alcuna, di modo che il servo è indipendente dal suo influsso e dall’influsso in lui, sapendo che non esiste (nel cosmo) se non ciò che esiste.
90. al-Badî‘, l’Innovatore, l’Inventore, l’Incomparabile, che non cessa di introdurre novità nella Sua permanentemente creazione (khalq), poiché Lui crea le similitudini (amTâl) e le dissomiglianze (gayr al-amTâl), dato che necessariamente c’è almeno un aspetto (wajh) per il quale un’immagine (mathal) si distingue dalla sua simile (mithl), e Lui è l’Innovatore di questo aspetto distintivo.
91-92. al-Dârr al-Nâfi‘, lo Spergiuratore ed il Benefattore, Colui-che-è-contro ed il Propiziatore, colui che contrasta ciò che non concorda con lo scopo finale (garad) e favorisce ciò che concorda con [lo scopo finale].
93. al-Nûr, la Luce, per quanto delle entità del cosmo si manifesta e perché dissipa l’oscurità (zulma) che l’attribuzione degli atti (nisbat al-af‘âl) al cosmo (‘âlam) comporta.
94. al-Hâdî, la Guida, per quanto dichiara ed indica a chi Lo conoscono in merito alla situazione relativa a Lui.
95. al-Mâni‘, il Difensore, è colui che trattiene i possibili, mantenendoli nella possibilità (imkân) prima di inviarli nell’esistenza effettiva. Questo trattenere (imsâk) si deve unicamente ad una saggezza divina (hikma) che la Sua onniscienza (‘ilm) nella Sua creazione (khalq) determina.
96. al-Bâqî, il Perdurante, l’Eterno, il Permanente, poiché – a differenza delle entità manifeste degli esseri esistenziali (a‘yân al-mawjûdât) che possono lasciare l’esistenza effettiva dopo di essere esistiti – è incessante, di modo che a questo Nome corrispondono la permanenza dell’esistenza (dawâm al-wujûd) e la continuità dell’esistenziazione (dawâm al-îjâd).
97. al-Wârith, l’Erede, per quello di quanto ci abbia comandato di restituirGli, in special modo dopo la morte, nel nostro transito (intiqâl) nell’Istmo (barzakh).
98. al-Rašîd, il Direttore, il Conducatore, l’Incamminatore, per il fatto che orienta ed incammina i Suoi servi nel farli conoscere che Lui – sia Esaltato - “è su una Via Diritta” (Cor. 11:56) e [tiene per la collottola chiunque sia in cammino] (dâbba), di modo che non c’è nessuno che non stia su quella Via ed il fine al quale conduce la rettitudine (istiqâma) (la Via Diritta) è la misericordia (rahma). Allâh non ha abbellito i Suoi servi con nessuna grazia (ni‘ma) tanto grande come [quella] grazia [di tenerli per la collottola] – come a dire, di guidare – tutti gli esseri che camminano, [da questo ne discende] che non c’è nessuno che non cammini con Lui per la Via Diritta.
99. al-Dabûr, il Paziente, che sopporta e tollera le molestie che, secondo la Sua Parola, Gli causano “quelli che molestano Allâh e il Suo Inviato” (Cor. 33:57) perché, avendo il potere (iqtidâr) per farlo, non si affretta a castigarli, bensì differisce il Suo castigo affinché abbia luogo tramite le nostre mani [il castigo] [127a], perché a noi spetta evitarGli ciò che [causerebbe una rappresaglia per questi fatti], di modo che nel [evitare questi comportamenti] ci elogia, perché non ci ha dato di conoscere questo, attribuendosi il nome il Paziente, se non affinché noi stessi eliminassimo da Lui quello.
Traduzione e commenti a cura di Alberto De Luca
[1] W. Chittick ha fatto una breve presentazione generale di questo capitolo nelle Illuminations, dove traduce buona parte del commentario relativo al nome Allâh (pp. 108-116).
[2] D’ora in poi le parentesi quadre, sia nel testo che nelle note, indicheranno gli adattamenti apportati da chi scrive. Entrando effettivamente in un’opera del Sufismo e per evitare di tediare il lettore, la delineazione del Sufismo stesso sarà demandata alla consultazione dei seguenti testi: S.H. Nasr, Il Sufismo, Rusconi, 1994; P. Urizzi, Islamismo: il Sufismo, ESD, 2000; Sulamî, Introduzione al Sufismo, Il Leone Verde, 2002; Kalâbâdhî, Il Sufismo nelle parole degli antichi, Officine Studi Medievali, 2002. [Ndt]
[3] Si consiglia la lettura del libro di Ibn‘Arabî intitolato Il libro del Sé divino, (Il Leone Verde, 2003) tradotto da Chiara Casseler. Il libro si compone di poche ma intense pagine redatte dal Doctor maximus dell’Islâm, che tratta il tema metafisico dell’unicità, esclusività, assolutezza ed onnipervasità del Sé divino, il Huwa. [Ndt]
[4] Vedere infra la nota su questo versetto al nome numero 25, che allude anche a ciò che segue in questo versetto.
[5] Espressione riferita in special modo alla qualità degli stati in relazione al loro valore sulla Bilancia, dove si peseranno le opere.
[6] L’autore qui si riferisce all’attitudine degli antropomorfisti.
[7] Vedere Chittick, SPK, p. 389, nota 16. La pre-determinazione consiste nel stabilire e predefinire gli stati delle cose prima che abbiano esistenza.
[8] Le creature generate dalla composizione dei quattro elementi (muwalladât al-arkân).
[9] Qui il pronome , maschile plurale, sembra riferirsi nonostante tutto alle “forme” (femm. pl.), in questo caso, “forme umane”, immagine, s’intende, della forma divina. A significare dunque, ai Suoi propri occhi. Vedere hadîth secondo il quale Lui è l’occhio con cui il servo che ama vede.
[10] Sembra potersi leggere anche così: il velo che “Colui-che-copre” lascia cadere è dato dalla stessa creazione e dalla stessa non-creazione, in quanto è la creazione stessa ad essere velo al perché stesso del suo essere creazione, mentre la non-creazione è il velo posto nell’a-temporalità della creazione. [Ndt]
[11] Come sottolinea Chodkiewicz “De cette ambivalence des Noms divins en fa‘îl mentionnés dans le Coran, Ibn‘Arabî tirera d’ailleurs des conséquences doctrinales majeures en montrant que, par example, al-‘Alîm [...] désigne Dieu en tant qu’Il est à la fois al-‘âlim (Celui qui sait) et al-ma‘lûm (Celui qui est su): le seul Connaisant et le seul Connu en tuoute chose connue” (Océan, p. 37). Cfr. Fut. III, p. 300. Vedere infra, n. 59 (al-Hamîd). Il terzo nome della radice, al-‘Allâm, è una forma intensiva.
[12] Vedere Cor. 59:22.
[13] Il versetto completo dice: “non hanno dato il giusto valore ad Allâh. Il giorno della Resurrezione,conterrà tutta la terra nel Suo pugno, i cieli staranno piegati sulla Sua destra. Gloria a Lui! È in cima a tutto ciò che Gli associano”. Trad. Cortés. Vedere nota supra n. 6.
[14] Vedere infra, n. 86.
[15] Eccellente questa resa di Beneito che molto allude al fatto che, comunque la sovranità accordata ad un uomo è in ogni caso un mantello prestato, con cui Lui lo riveste, senza che ciò, appunto, significhi impossessamento da parte dell’uomo della qualità del mantello e che si dimentichi di restituirlo, visto il suo carattere di prestito. [Ndt]
[16] Si riferisce qui alla perfetta realizzazione della servitù (‘ubûdiyya), dimora spirituale propria degli “eredi”. Lo Šaykh allude ad una sentenza che cita in vari passaggi: “Abû Yazîd, che si conta [nel novero della] Gente dello Svelamento, riferì che in una delle sue visioni Dio gli disse: “Avvicinati a Me tramite quello che Io non ho: umiltà (÷illa) e povertà”” Fut. III, p. 316. Per altre referenze a commentari di Ibn‘Arabî su questa sentenza vedere Chittick, SPK, p. 387, nota 11.
[17] O meglio: “esortazione”. Da questo testo si apprende che, così come lo intende l’Autore – basandosi sul passo coranico -, l’ascolto autentico integrale [implica] la conseguente risposta, senza la quale l’ascolto non è completo.
[18] Ibn‘Arabî impiega qui la forma di reciprocità della radice ‘-m-l per significare che l’ascolto e la risposta sono reciproci: se il servo risponde, Dio risponde.
[19] Lo Šaykh impiega qui il termine (hanîfiyya) alludendo alla “religione di Abramo, che fu hanîf e non associazionista” (Cor., 2:135). Dice un altro versetto: “Professa la Religione come hanîf, conformemente alla natura primordiale (fitra) che Dio ha posto negli uomini! [..]” (Cor., 30:30).
[20] O meglio, lett.: “il quale è un’inclinazione (mayl) verso di lei”. L’ambiguità del pronome permette ambedue le letture. In definitiva, la giusta verità (haqq) è Lui, il Vero (al-Haqq).
[21] Dice il passo: “Servite ciò che voi stessi avete scolpito / mentre Dio vi ha creato, voi e ciò che fabbricate?” (Cor., 37:95-96). Come a dire, “gli idoli, opere di vostra mano”, o meglio ancora, “voi e le vostre opere”.
[22] Come a dire, se riconosciamo nel [sopraggiungere] della conoscenza un esercizio cognitivo di Dio, o meglio se noi attribuiamo a noi stessi la facoltà e l’atto di conoscere, usurpando così l’attributo del divino sapere (‘ilm), attributo del quale, in tanto che servi ontologicamente indigenti, i credenti solo possono considerarsi investiti, [ma] mai padroni.
[23] Allusione al verso: “ricordatevi di Me, perché Io Mi ricorderò di voi!” (Cor. 2:152).
[24] Il termine (ša’n) rimanda ad un versetto coranico, frequentemente citato da Ibn‘Arabî in relazione all’idea del permanente rinnovamento della creazione in ogni istante, nel quale si dice che “ogni giorno Egli ha una [nuova] occupazione (ša’n)” (Cor. 55:29).
[25] Per una migliore comprensione di questo commento è consigliabile la previa lettura del Cor. 21:51-73.
[26] Come a dire, chi ha distrutto gli idoli. Dopo essersi riferito alla distruzione degli idoli (asnâm) da parte di Abramo che “li ridusse in briciole (judâd)” (Cor. 21:58) il passo citato dice: “Dissero: “O Abramo, sei stato tu a far questo ai nostri dèi?”. Disse: “È il più grande di loro che lo ha fatto. Interrogateli, se possono parlare!” (Cor. 21:62-63). Si osservi che l’interpretazione che Ibn‘Arabî da di questo verso, in questo contesto, differisce da quello abituale. Lo Šaykh non considera che la risposta di Abramo sia un inganno e si riferisca all’idolo più grande menzionato nel Cor. 21:58, come rispecchia la traduzione invece, sebbene intenda che Abramo proclami la verità, la dottrina corretta (i‘tiqâd sahîh), [manifesta] che veramente è stato Dio, il Grande, il Superiore (kabîr) agli idoli, e non lui [Abramo] – in tanto che mero strumento – che li ha fatti a pezzi.
[27] Precisa lo Šaykh che in questo punto c’è una pausa per segnalare la convenienza della sua lettura: il testo [del Corano] dice dopo “Interrogateli”, con [l’utilizzo di un] pronome plurale, e non [dice] “Interrogatelo”, la qual cosa indica che si riferisce agli idoli rotti e non a quello che fosse rimasto indenne.
[28] Questa comprensività (ihâta), l’idea del cerchio che abbraccia e contiene tutte le cose, si rappresenta mediante un circolo che contiene tutte le sfere.
[29] Nel senso che possono (“prendere”) esistenza (wujûd) oppure permanere nello stato latente dell’inesistenza (‘adam).
[30] Allusione a Cor. 15:21. Vedere supra n. 26 e infra n. 86.
[31] O meglio, “guidare l’uomo”.
[32] Dice il verso completo: “ Quando i Miei servi ti domandano di Me, [dì che] sono vicino e rispondo (ujîbu) alla chiamata di colui che prega quando Mi invoca. Procurino quindi di rispondere al Mio richiamo e credano in Me, sì che possano essere ben guidati” (Cor. 2:186).
[33] Il termine talbiyya, ma¡dar o nome di azione della forma verbale labbà, significa “rispondere “Eccomi a te tutto qui (labbayk)”, richiama al chiamare, comparire”. La parola allude alla preghiera islamica che inizia dicendo: “Signore mio, eccomi a te tutto qui (labbayk)!”.
[34] Lett.: “colui che estende il dono (‘atâ’)”. Con i nomi di “Liberale” ed “Arricchitore” si tratta pertanto di [cosa diversa] dai nomi di “dono”. Ma significa anche “colui che contiene ciò che dimostra”.
[35] Dice il verso completo: “Non invocate altre divinità insieme a Dio! Non c’è altro dio che Lui! Tutto perisce eccetto Lui [lett.: “salvo la Sua Faccia (wajh)”]! Sua è la decisione! Ed a Lui sarete restituiti!” (Cor. 28:88).
[36] Allusione al Cor. 3:26, dove si dice: “nella Tua mano sta il bene”.
[37] Lett.: “non rinvia a Te”, “non si riferisce a Te”. Ibn‘Arabî spiega che “il mondo della creazione e della composizione richiede il male (šaur) per sua stessa essenza; [..mentre] il Mondo dell’Ordine è il puro Bene (khayr) in cui non c’è male in assoluto”. Cfr. Fut. II, p. 575, lss. 25-26. Su queste nozioni del bene e del male – inteso [quest’ultimo] come assenza di bene ed inesistenza [non-esistenza] – vedere Chittick, SPK, “Good and Evil”, pp. 290-91.
[38] Ossia, “anche se disobbediscono”. [Ndt]
[39] Lo Šaykh specifica nel testo che questo termine – che potrebbe confondersi graficamente con il part. att. “amanti” (muhibbûn), più comune in questa forma – è qui participio passivo (ism maf‘ûl). Probabilmente l’autore usa la quarta forma in luogo del part. pas. della prima (ma|bûb), più frequente, come allusione al hadîth in cui Dio dice: “E il servo non cessa di avvicinarsi a Me [..] fino a che Io lo amo e quando Io lo amo ..”, nel quale si impiega la quarta forma.
[40] Come a dire, l’Esistenza è identica al Vero; l’Esistenza-incontro è la medesima Realtà divina, Dio in tanto che Realtà. Per una corretta interpretazione di questa formulazione, che non deve essere confusa con la dottrina panteista, vedere W. Chittick, “L’Unicità dell’Essere”, POSTDATA, XV, estate 1995, pp. 30-41. S.H. Nasr chiarifica questo punto in termini inequivocabili: “La dottrina essenziale del sufismo, specialmente nell’interpretazione di Ibn‘Arabî e la sua Scuola, è quella dell’unità trascendente dell’Essere (wahdat al-wujûd), per la qual cosa molti studiosi moderni lo hanno accusato di essere un panteista, un panteista ed un monista esistenziale e, più recentemente, di seguire ciò che si denomina come misticismo naturale. Tuttavia tutte queste accuse sono false dato che confondono le dottrine metafisiche di Ibn‘Arabî con la filosofia, e non hanno in mente il fatto che il cammino della gnosi non è scisso dalla grazia e dalla santità. Le accuse di panteismo contro i sufi sono doppiamente false perché, in primo luogo, il panteismo è un sistema filosofico, mentre quello di Ibn‘Arabî ed altri come lui mai dichiararono la loro adesione a nessun tipo di “sistema” e, in secondo luogo, perché il panteismo implica una continuità sostanziale tra Dio e l’Universo, mentre lo Šaykh sarà il primo a sostenere l’assoluta trascendenza di Dio su tutte le categorie, inclusa quella della sostanza. I critici che accusano i sufi di panteismo tralasciano la differenza fondamentale tra l’identificazione essenziale dell’ordine manifestato con il suo Principio ontologico e la sua identità e continuità sostanziale. Quest’ultimo concetto risulta metafisicamente assurdo e contraddice tutto ciò che dissero Ibn‘Arabî ed altri sufi rispetto all’Essenza divina. [..] È certo che Dio dimora nelle cose, ma il mondo non “contiene” Dio, e qualunque termine che implichi quest0ultimo senso non è appropriato per descrivere la dottrina del wahdat al-wujûd”. Cfr. “Ibn‘Arabî ed i sufi”, POSTDATA, XV, estate 1995, pp. 17-18.
[41] Come dire, il suo invio dallo stato latente all’esistenza effettiva e viceversa.
[42] Il mukhâlîf è il luogo (mahall) e la causa secondaria (sabab) della manifestazione della trasgressione (mukhâlafa).
[43] Allusione al Cor. 17:44. Vedere infra n. 55 (al-Wakîl).
[44] Le trasgressioni, affinché si possano manifestare, chiedono a Dio che perdoni (istigfâr) e “copra” (vedere supra, n. 16, i nomi di radice g-f-r) il luogo in cui si attualizzano, [ossia], l’uomo per il quale si realizzano. Secondo l’autore, “ .. la disobbedienza (ma‘siya), quando in essa lo gnostico è presente con Allâh, è viva (hayya) e dotata di uno spirito divino (ruh ilâhî) che fino al Giorno del Giudizio chiede ad Allâh che lo perdoni per averla realizzata, ed Allâh trasforma ciò che di essa era cattivo in buono (hasan), così come sostituisce il suo corrispondente castigo in ricompensa”. Cfr. Fut. II, p. 652. Su questa prospettiva della disobbedienza e sulla nozione di “immunità del luogo di manifestazione” (‘ismat al- mahall), come a dire, dell’Uomo, esente dalla colpa (vedere Cor. 48:2, dove tale esenzione si riferisce a Muhammad), vedere S. Hakîm, Mu‘jam, pp. 806-811.
[45] Nonostante tutto, in questo contesto Ibn‘Arabî intende, differentemente dall’interpretazione usuale, che la frase si riferisca a Dio, il quale “il falso non Lo raggiunge né davanti [lett.: “tra le Sue mani”] né alle spalle di Lui”, e [nel continuare] giustifica la sua interpretazione con due riferimenti scritturali che dimostrano che le espressioni “Sue due mani” e “alle spalle di Lui” possono riferirsi a Dio. In qualunque caso, in ragione dell’interpretazione più abituale di questo passo coranico il nome al-Haqq, “la Verità”, definito qui come wujûd “completamente inaccessibile al falso”, si riferisce anche in maniera allusiva al Corano, alla Scrittura dell’Esistenza. Cfr. S. Hakîm, “al-Qur’ân al-Kabîr”, Mu‘jam, p. 908.
[46] L’espressione è stata tradotta letteralmente perché si intenda il commento, anche se in generale si tradurrebbe “né da davanti di lui” poiché tale è il suo significato nell’uso comune della lingua. Serva questo passo da esempio della pratica akbariana di lettura, non già letterale, se non letteralissima: interpretazione ultraletterale, “letteralmente”.
[47] Nell’incessante rinnovamento della creazione ad ogni istante. Ciò che si dice della creazione (khalq), si intenda anche dell’uomo, la creatura (khalq) per eccellenza.
[48] Il wujûd corrisponde a Dio ed il šuhûd corrisponde al servo. “God is present and finds Himself in allthings, and man witnesses this presence and finding to the extent of his capacity. Wujûd as such belongs to the Nonmanifest, though its reverberations fill the cosmos. In contrast, šuhûd is the vision of self-disclosure and belongs to the manifest realm”. Cfr. Chittick, SPK, pp. 226-227.
[49] Allusione a Cor. 17:44: “Lo glorificano i sette cieli, la terra ed i suoi abitanti. Non c’è nulla che non celebri le Sue lodi, ma voi non percepite la loro lode (tasbîh). Egli è indulgente e perdonatore”.
[50] Lett.: “per la Sua adorazione (li-‘ibâdati-Hi)”. Allusione al verso: “Non ho creato i jinn e gli uomini se non affinché Mi servissero (li-ya‘budûnî)” (Cor. 51:56). Come a dire, affinché l’uomo, assolvendo alla sua funzione cognitiva, serva al fine del cosmo, che è – secondo l’hadîth del tesoro Occulto – conoscere Dio, che ha manifestato il cosmo per Sua volontà di dar[S]i a conoscere.
[51] Come a dire, perché possano manifestarsi gli accidenti, le proprietà od effetti dei Nomi, che sono i fenomeni o creazioni – cose, entità, forme – del cosmo, per i quali i Nomi diventano manifesti. Vedere Chittick, SPK, p. 39.
[52] Come a dire, il luogo epifanico (mahâll) dove gli accidenti diventano manifesti: l’Uomo Universale.
[53] Lett.: “del suo compagno”.
[54] Lett.: “inacessibilità”.
[55] Lett.: “la non ricezione dei contrari” (‘adam al-qubûl li-l-aÿdâd). Si potrebbe chiamare questa resistenza dei possibili, “non-incontrabilità”, la tendenza a non accogliere ed unire i contrari, facoltà per la quale l’altro non può essere il suo opposto.
[56] Questa traduzione,presa dal latino Mundus imaginalis, proposta da H. Corbin per differenziare il mondo oggettivo dell’Immaginazione attiva dal meramente immaginario, è stata adottata in modo praticamente unanime nelle traduzioni francesi ed inglesi come, anche più recentemente, nelle spagnole. Continuando si segnala che l’espressione “mondo imaginale” si approssima al significato della Realtà che designa il nome al-Haqq.
[57] Lett.: “prendere possesso della Forma”. Ossia, nessuno è riuscito ad “acquisire” la capacità di riunire gli opposti, niente e nessuno poté eccetto l’Immaginazione.
[58] Il servo “aiuta” Dio obbedendo con la fede ai Suoi precetti e tramite il riconoscimento del fatto che solo Sua è la vittoriosa assistenza, poiché “La vittoria (nasr) non viene se non da Dio .. ” (Cor. 3:126). “Gli associano divinità .. che non possono aiutarlo (nasr) senza aiutarsi da se stessi?” (Cor. 7:192).
[59] Con l’aiuto e la vittoria della fede che lo ha ispirato.
[60] Dio Si è imposto a Se stesso, secondo il versetto citato nella continuazione, la obbligatorietà (wujûb), il dovere (haqq) di aiutare i Suoi fedeli credenti (mu’minûn).
[61] La condizione di essere cosa od oggetto.
[62] La coseità dell’esistenza effettiva (šay’iyya al-wujûd) in opposizione alla coseità dell’inesistenza o coseità dell’esistenza immutabile.
[63] Un primo grado ontologico dell’esistenziazione – non soggetto alla temporalità – corrisponde all’esistenza di Dio, il Primo, in tanto che divina realtà e Principio originale. Un secondo grado corrisponde all’Uomo-creazione, cioè, al cosmo nei suoi due aspetti micro e macrocsmico, e al nome divino l’Ultimo, Dio essendo co-presente, in tanto che Fine, in questo grado con l’Uomo-creazione.
[64] Se il lattante non sperimenterebbe ed esprimesse il suo desiderio di alimento, questo passerebbe inosservato. Questo è un esempio valido di quale sia l’idea del dolore con riferimento al suo occulto aspetto di grazia. Nel caso dei tormenti spirituali, essi producono due funzioni: una purificatrice ed una orientatrice. Da un lato il calore del fuoco rende possibile la sublimazione, dall’altro i sintomi di un’infermità rendono manifesta la sua esistenza ed indicano la necessità di una sua sanatoria.
[65] In relazione al rapporto tra servo e servo, ma anche tra il Signore ed il Suo servo.
Pablo Beneito Arias è professore al Dipartimento di Filologia Comparata dell’Università di Siviglia, dove dirige un gruppo di ricerca sulla “Conoscenza nell’Andalusia”.
Insigne studioso dell’opera akbariana, può vantare numerose pubblicazioni sia in lingua spagnola che inglese. Di cui citiamo soltanto i libri: Mujeres de Luz, Madrid, 2001; Los Nombres de Dios en la Obra de Muhyi-l-Dîn Ibn al-Arabî, Madrid, 2001 ; Las Contemplaciones de los Misterios, Murcia, 2003 ; An Unknown Akbarian of the Fourteenth Century, Kyoto, 2000 ; Ibn ‘Arabî : the Seven Days of the Heart, Oxford, 2000 ; Poesia Sufi, Casablanca, 1999. Senza citare tutte le sue collaborazioni con varie e prestigiose riviste, che si tralasciano per il timore di ometterne qualcuna.
04 juin 2006
Pablo Beneito, I nomi di Dio nell'opera di Muhyi-l-Dîn Ibn al-Arabî, (frammento)
Publicat de Radu Iliescu la 8:32 AM
Etichete: Beneito Pablo
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