01 mars 2007

Seyyed Hossein Nasr, Il Corretto Significato Della «Tradizione» (frammento)

L’espressione philosophia perennis, o la sua traduzione, è in sé qualcosa di problematico, e richiede di essere definita per comprendere meglio la parola "tradizione". Contrariamente a quanto sostiene Huxley, l’espressione philosophia perennis non fu adoperata per la prima volta da Leibniz, che la citò in una famosa lettera a Remond scritta nel 1714, ma da Agostino Steuco (1497-1548), filosofo e teologo agostiniano del Rinascimento. Anche se il termine è stato applicato a molte dottrine diverse (incluse la scolastica, specialmente tomistica, e il platonismo in generale), si tratta di attribuzioni più recenti: per Steuco la philosophia perennis coincideva con una sapienza perenne comprendente sia la filosofia sia la teologia e non connessa a un’unica scuola di saggezza o di pensiero. L’opera di Steuco De perenni philosophia fu influenzata da Ficino, Pico e Nicola Cusano, in particolare dal suo De pace fidei che parla dell’armonia tra le varie religioni. Steuco, che conosceva l’arabo e altre lingue semitiche, fu bibliotecario presso la Biblioteca Vaticana: qui, per quanto possibile in Occidente a quel tempo, ebbe accesso alla "sapienza delle età", e seguì le idee di quegli autori a lui anteriori - idee riguardanti la presenza di un’antica sapienza esistita fin dagli albori della storia.

Ficino non parlò di philosophia perennis ma fece spesso allusione alla philosophia priscorium o prisca theologia, locuzione che può essere tradotta come «antica o venerabile filosofia e teologia». Sulla scia di Gemisto Pletone, il filosofo bizantino che scrisse di questa antica sapienza e mise in risalto il ruolo di Zoroastro come maestro della scienza sacra, Ficino insistette sull’importanza del Corpus ermetico e degli Oracoli Caldei, da lui attribuiti a Zoroastro, in quanto origini della saggezza primordiale. Ficino credeva che la vera filosofia cominciasse con Platone, erede di tale sapienza, e che la vera teologia fosse quella cristiana. La vera filosofia, vera philosophia, era l’equivalente della religione e la vera religione era l’equivalente della vera filosofia: per Ficino, come per molti platonici cristiani, Platone era stato a conoscenza del Pentateuco. Egli fu un "Mosé che parlava greco". Steuco lo chiamava divinus Plato: allo stesso modo, molti saggi islamici gli avevano dato l’appellativo di Aflatun al-ilahi, il "divino Platone". Ficino, in un certo senso, riformulò le idee di Gemisto Pletone sulla perennità della vera sapienza. Alle fonti della philosophia priscorium non cristiane e soprattutto greco-egiziane prese in considerazione da Ficino il suo compatriota Pico della Mirandola aggiunse il Corano, la filosofia musulmana e la Kabbala: ciononostante, egli seguì la prospettiva di Ficino e sottolineò il concetto della continuità di una sapienza essenzialmente unica attraverso le varie civiltà e i vari periodi storici. La philosophia perennis di Steuco non era nient’altro che questa philosophia priscorium con un nuovo nome. Steuco asserì che tale sapienza era di origine divina: si trattava di una conoscenza sacra che, trasmessa da Dio ad Adamo, fu gradualmente dimenticata dalla maggior parte degli esseri umani e trasformata in un sogno, sopravvissuto soltanto e più pienamente nella prisca theologia. Questa vera religione o filosofia esiste fin dalle origini della storia umana: la sua meta è la theosis [fusione con la natura divina, ndt] e il conseguimento della conoscenza sacra, che si possono ottenere mediante le espressioni storiche della sapienza nelle varie tradizioni oppure con l’intuizione intellettuale e con la contemplazione "filosofica".

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